Corriere della Sera

dic 2024

Tempo sospeso

Abito in un paese dove il tempo si è fermato. È banale, lo so, ma qui le lancette dell’orologio della stazione sono realmente ferme. Me l’ha fatto notare un amico e, per riattivarle, si è rivolto al sindaco: così il tempo è ripartito. Anche mia madre, che ha novant’anni, ha voluto una sveglia che funzionasse, di quelle che si caricano manualmente e fanno sempre tac-tac-tac.
- Mi tiene compagnia -, ha detto.

Ecco spiegato il segreto della longevità.

Ieri, anche il battello si è preso il suo tempo, o forse l’ha rubato: ha tirato dritto, senza attraccare al pontile. Può darsi che non ci siano stati passeggeri a bordo, né a scendere né a salire, ma di fatto, e a ben vedere, non ha rispettato gli orari esposti.

Se Kant fosse nato qui, probabilmente lo avremmo visto passeggiare ogni pomeriggio sul lungolago, immerso nei suoi pensieri, senza badare minimamente alle lancette dell’orologio.  L’anno scorso in paese, hanno anche festeggiato il giorno della Befana il 15 agosto, come se fosse il 6 gennaio, con tanto di falò, in piena stagione torrida. Insomma, dipende dall’aria che tira, ma sembra che da queste parti il tempo è relativo, non ci si preoccupa di orari, mesi o stagioni.

Sarà per le mie origini lacustri, ma per me il tempo è connesso all’idea di libertà, sganciato dalla realtà e concepito come sospeso. Lo immagino come una bolla d’aria, qualcosa che assomiglia a uno stacco da terra, connesso a un innato desiderio di volo che, forse, appartiene a tutti. Un gesto che contraddice la nostra naturale condizione di stare ancorati al suolo, come quando, in aeroporto, ci si trova ai varchi del check-in col pensiero già proiettato per aria.

Ho provato a replicare questa condizione in una forma di scultura che somigliasse alle mongolfiere, sono gli oggetti volanti che più di tutti s’addicono all’idea del viaggio aerostatico: un invito a staccarsi lentamente da terra, verso una libertà che implica una storia da raccontare. Una narrazione che si rivelerà soltanto poi, durante l’ascesa, quando scopriremo che il nostro vero interesse non sarà rivolto allo spazio infinito del cielo, ma alla terra, osservata da un altro punto di vista, percepita come un territorio vastissimo e libero dai limiti che le abbiamo assegnato, quelli di spazio e di tempo. È il dilatarsi del concetto di libertà, che s’amplifica col crescere della distanza dal suolo.

Duchamp rinchiuse l’aria di Parigi in un’ampolla di vetro, forse con il preciso intento di materializzare ciò che è imprendibile, trasformando l’aria in opera d’arte. È come se avesse voluto ancorare il pensiero più libero al reale, confezionandolo per renderlo accessibile a tutti, pronto da riaprire al bisogno per soddisfare un desiderio di volo e di libertà. Per me questo elemento è l’Aria, come quella musicale, che ubbidisce e si richiama, semmai, alla regola imposta dal metronomo: un battito dettato dalla matematica del tempo, da reinterpretare a piacimento, e forse, infine, l’unica e la più imprendibile forma d’arte possibile. In arte, infatti, si afferma che un capolavoro è tale quando è senza tempo.

Oggi le lancette dell’orologio della stazione si sono di nuovo bloccate e non si sa che ore sono, non si sa che giorno è, si conosce solo il luogo e anche il sindaco non può fare nulla, il paese è “senza tempo”.