Corriere della Sera

ott 2024

Navigare a vista

Dei 7500 chilometri che delimitano il perimetro della Francia, 3500 lambiscono il mare. Paul Signac e il suo autista li avevano percorsi interamente, allo scopo di disegnare tutti i porti affacciati sul Mediterraneo e sull’Atlantico. Raramente lo accompagnava sua moglie Berthe Roblès, una lontana cugina di Pissarro, conosciuta negli anni parigini, prima della scomparsa del suo caro amico Seurat. Signac amava il mare tanto quanto la pittura, la letteratura e la musica, al punto che la sua prima barca, acquistata nel 1883, la chiamò Manet-Zola-Wagner. Non conosciamo il nome delle successive, ma ne cambiò una trentina nel corso della vita. Il pioniere del pointillisme era anche un esperto skipper, come lo si vede in una bella foto degli anni ’20 che lo ritrae a bordo con i suoi marinai, vele spiegate al vento e barba alla Cino Ricci.

È con questo spirito avventuroso, da navigatori solitari, che ci apprestiamo a sfogliare le pagine disegnate del diario di bordo dell’epoca d’oro della pittura francese, salpando idealmente da Il porto de La Rochelle, un piccolo inchiostro del ’35 di Paul Signac, per poi navigare a vista lungo tutto il secolo fino ad approdare alle rive mediterranee di Aristide Maillol, celate nelle fattezze della sua musa più seducente e rassicurante: "Maillol, non abbiate paura di chiedermi di abbandonare i vestiti. Sono iscritta agli Amici della natura, fa parte della mia generazione. La nudità è purezza". In seguito, Dina Vierny fu anche sua erede e, nel 1964, donò generosamente venti sculture monumentali alla Ville de Paris per i giardini delle Tuileries, dopo aver ammaliato Bonnard e Matisse. L’avesse incontrata Picasso, chissà: sezionatore di amanti, che si lascia trascinare da Olga e la frammenta qui in fogli, separandola in quadrature geometrica e, allo stesso tempo, unendo il bianco e nero delle mani con i colori del volto, nel suo reinventato classicismo "all’italiana": "open to meraviglia". Lei sì che poteva dirsi influencer, capace di competere con la riccioluta di "Jean" - così firmava nel 1920 il burlone Cocteau - che fa il verso a Picabia e trasforma le puntine da disegno in un alternativo e involontario pointillisme: è "la rivincita del giocoliere"! Quando poi ci insinuassimo a perlustrare la bocca di questa giovane fanciulla, potremmo sorprenderci nel ritrovarci sul Lungarno a Firenze o a Honfleur , senza riuscire a dire quale paesaggio faccia da sfondo dentale a quella smorfia di labbra "rouge baiser".

La risposta, forse, è che il disegno lo si può fare anche con le parole, le più ovvie con i saluti dal mare "Chère Madame, nous avons été très heureux de recevoir vos bonnes nouvelles … Tropez, 18 octobre 1915, Paul Signac", o con rettangoli di carta, anche uno soltanto, appiccicato come simbolo di resa, una bandiera bianca che sventola su un ectoplasma fumoso. Scostata più in basso, c’è una piccola scritta: Mirò 3.23. Sarà stata l’ora della ritirata?

Ma, prima di parlare di collage o papier collé, bisognerebbe riflettere sulla sua funzione rivoluzionaria (del resto, siamo sempre in Francia). Meglio invece restare sul classico, soffermarsi un po', ripensare, ascoltare l’anima della matita e il fruscio della carta; solo così "il silenzio diventerà leggenda" o un "senza titolo" minimalista, come voleva Jean Arp: scarnificazione del dramma, essenza espressiva, ma anche gioia di vivere o anelito, un po' Modigliani, un po' Jules Pascin, o un turbolento Artaud, di una virulenza sofferta, ordinata e forse ricomposta da Juan Gris, un veliero in bottiglia, immobile, all’àncora, come un Signac senza più vento.

Infatti, "il miracolo ha inizio con il fatto fondamentale che i disegni, a differenza dei dipinti, sono di solito monocromi […]", e qui, per contraddire John Berger, Étienne Béöthy sembra buttare la matita a favore di campiture di colore nette, quasi psichedeliche, mentre Vuillard fa l’opposto: per lui il disegno è l’apologia della pittura, un campo di prova per la sua palette fiammeggiante, intrisa di un colore così denso che la carta ne è imbevuta. Purtroppo, però, non c’è più tempo per parlare di papier collé; la fine del secolo arriva travolgente con la musica rock, e Matisse l’aveva capito: let’s dance!