La Lettura

2023

I 31 che curano la realtà ferita

È affidata a studenti dell’università Iulm a Milano una mostra sull’opera di Velasco Vitali in cui il filo rosso è l’attenzione all’ambiento: “Grazie a loro che hanno capito che in trent’anni di lavoro sono stato coerente. La scoperta mi ha dato stabilità”
 
Un artista, trentuno curatori.
Succede a Milano, università Iulm. L’artista è Velasco Vitali: pittore, scultore, da anni impegnato in un percorso di sperimentazione su materiali e linguaggi, installazioni e tele. I curatori sono gli studenti e le studentesse del secondo anno del corso di Laurea magistrale di Arte, valorizzazione e mercato della Facoltà di Arti e turismo: un futuro nell'arte e per l'arte. Dalla loro collaborazione è nata una mostra, Listen Better, che fino al 24 novembre espone nella sede della lulm, la libera università di lingue e comunicazione, una selezione di opere di Vitali legate da un filo rosso: l'emergenza climatica, scenario globale ma anche cronaca vicinissima di questi mesi, a Milano e non solo. Paesaggi e macerie, una natura in pericolo, resa nemica dall'azione dell'uomo, e un invito pressante a mettersi in ascolto dei segnali che ci manda. Listen Better, ascolta meglio.
L'espressione, spiega Vitali, è presa in prestito da Siddharta, il romanzo di Hermann Hesse: «Una lettura che abbiamo un po' tutti negli anni del liceo. C’è chi ne è rimasto più colpito ma in ogni caso fa parte di una memoria collettiva.
Scegliendola ho voluto fare riferimento al momento che vivono adesso gli studenti che hanno curato la mostra: un'età in cui è necessario trovare uno sguardo sul mondo che garantisca distacco ma anche coscienza, consapevolezza». Il percorso di Siddharta, raggiungere la giusta distanza per mettersi in ascolto.
 
La mostra, che ha il coordinamento critico di Anna Luigia De Simone, si inserisce nell'ambito della Word of the Year della lulm, la parola dell'anno, iniziativa proposta ogni anno dal rettore Gianni Canova intorno alla quale poi si costruiscono eventi e attività dell'Ateneo: stavolta la parola più votata è stata «rischio».
Per i ragazzi lavorare con Vitali è stata l'occasione di mettere in pratica conoscenze acquisite nel corso di studi: il progetto Listen Better - come spiega Vincenzo Trione, storico dell’arte e critico, preside della Facoltà di Arti e turismo, con De Simone e Canova uno dei tre pilastri della mostra, ricorda Vitali - «si inscrive nella tradizione espositiva promossa dalla lulm, che punta a ridurre la distanza tra sistema universitario e mondo del lavoro». Per Velasco lavorare con gli studenti è stata un'esperienza inedita, e un po' rivelatrice: «Ho accolto subito la proposta - racconta — perché nel mio percorso lo sperimentalismo è fondamentale. Il viaggio che intraprendi senza conoscere il punto d'arrivo è ogni volta quello giusto. Provare strade nuove, prendersi il rischio è un aspetto del lavoro che mi interessa da sempre».
 
Mettere insieme trentuno teste, trentuno «frammenti di cura», non è stato sempre facile: il lavoro di preparazione è durato circa otto mesi in cui artista e curatori in progress si sono incontrati, confrontati, i ragazzi hanno visitato lo studio di Vitali ed esplorato i cataloghi della sua intera produzione artistica prima di trovare il tema giusto per l’esposizione (non uno solo: «Di possibili mostre ne hanno pensate diverse, poi ci siamo concentrati su un concetto»), Il risultato è un percorso espositivo articolato in tre momenti:
Un pugno di polvere, Percepii la scena, e predissi il resto e Terra desolata, che attraversano trasversalmente la produzione di Vitali dalla fine degli anni Ottanta a oggi.
 
Per l'artista il filo rosso teso dagli studenti attraverso i suoi lavori è stato «una sorpresa fatta di date che si allineano in un percorso che seguo da trent'anni: aver messo in evidenza questa relazione strettissima tra passato e presente mi ha dato un senso di stabilità, di coerenza nel mio lavoro, la sensazione di essere ancora me stesso dopo trent'anni». Il tema del clima, l'emergenza, la natura che si dista sono stati presenti da subito nell'arte di Velasco Vitali: da quando, nel 1987, l'artista avvia una riflessione legata all'alluvione che in quell'anno colpisce duramente la Valtellina, luogo a cui è molto legato. Il disastro del luglio 1987 è un evento-spartiacque non solo artistico: l'emergenza in Valtellina contribuì a sensibilizzare la coscienza collettiva sul valore e il ruolo della Protezione civile. «E stata la prima volta — ricorda l'artista - in cui abbiamo assistito in diretta a un evento di quel tipo, fu un terremoto anche politico, uno snodo forte». Da quell'episodio traumatico è nata una serie di quaranta quadri, il progetto Paesaggio cancellato, riletto oggi nella mostra milanese. «Da qui, da quell'esperienza — nota Velasco — viene forse il dato più forte dei miei primi anni di lavoro: l'incontro della pittura con la cronaca degli eventi, del presente. Da allora la mia ricerca pittorica non si è mai separata dalla cronaca. Credo che l'essere artisti metta necessariamente in relazione con i fatti del proprio tempo».
Dal passato a episodi più recenti. E personali, ma che evocano lo stesso senso di precarietà e di rischio ad aprire la mostra alla Iulm è un video, pochi secondi ripetuti in loop che accompagnano il percorso dei visitatori. Kolmanskop - questo il titolo, che evoca una città della Namibia inghiottita dalle dune di sabbia - è un video del 2011 (la regia è di Francesco Clerici) e documenta il crollo realmente avvenuto nello studio dell'artista in seguito alla frana di un edificio adiacente: «Sono immagini - spiega Vitali - che volevo mostrare da anni. Il calcestruzzo, i detriti in parte liquidi che si rovesciano sopra i miei quadri, sopra anni di lavoro. E, sotto, il ritmo continuo e martellante delle picconate dei pompieri che cercano di liberare l'ambiente dalle macerie. Lo sento come una metafora di quello che ci sta crollando sotto gli occhi e non riusciamo a vedere».
 
A chiudere la mostra, invece, è una tappa all'esterno: nel Campus lulm un'installazione site specific allude alla speranza di un futuro possibile anche in luoghi che non sembrano più abitabili. È Foresta rossa, trasfigurazione poetica della fuga dalla città che brucia realizzata attraverso una serie di alberi dai colori intensi. Sull'eco della Terra desolata di T. S.
Eliot torna il messaggio originario: Listen Better, mettiti in ascolto, sentire il grido della natura in pericolo può essere il solo modo di scongiurare il peggio. L'arte può venirci in aiuto e, dunque, assumere un ruolo civile? «Un artista può essere o no anche un attivista, ma in ogni caso è sempre il relazione con il suo tempo. L'arte - conclude Vitali - è un occhio aperto sul mondo e certamente un occhio di coscienza. Ha la capacità di guardare in profondità e quella di creare bellezza, una funzione che resta fondamentale nelle nostre vite».